Cosa rimane di Dio, del Dio della creazione, delle meraviglie, della liberazione, dell’incarnazione, della redenzione? Un frammento di pane, un sorso di vino. Perché, il cuore del miracolo della moltiplicazione o divisione del pane, non sta nel fatto che la gente venga saziata nel deserto, ma che il pane rimane, che il segno di quel miracolo si moltiplica nella mia e nella tua vita. Io sono con voi sempre: promessa realizzata. Quella sera prima di morire stretto ai suoi discepoli, come quel giorno nel deserto, stretto in mezzo alla gente, sentendo compassione per la loro fame non del corpo, ma del cuore, Gesù attiva la memoria. Strano meccanismo la memoria: quando ci siamo noi spesso lei non c’è, e quando c’è lei noi non ci siamo. Ecco perché Gesù lega la memoria al fare: “Fate questo in memoria di me”. Come anche Maria donna della memoria pratica, dice ai servi: “fate tutto quello che egli vi dirà”. La memoria è incontro di presenze, è realizzazione piena di chi rimane. Un frammento del Dio di Gesù Cristo in un po’ di pane: innalzato, mangiato, custodito, portato, adorato. In quel pane è impastata la divinità con la nostra terra e miseria e noi riceviamo quello che siamo ovvero il corpo, l’anima e la divinità di Gesù Cristo. Roba da far tremare le ossa ed è vero, perché in quel mirabile sacramento nuziale, noi siamo ossa delle sue ossa e carne della sua carne. Che cosa sono i cinque pani e due pesci che i discepoli ricevono per affrontare la fame della gente? E’ poco, è povertà. Il Dio di Gesù Cristo comincia dal poco perché il molto possa sussistere, perché l’umano possa essere saziato nella sua fame di eterno. Saranno i discepoli di ogni tempo ad impastare il pane della vita con lo Spirito di Dio. Ogni Eucarestia prende da ciò che abbiamo, dal poco che possiamo offrire come accade tra Abramo ed il misterioso sacerdote Melchisedek, e viene trasformato nel corpo di Cristo che ci fa vivere per sempre. L’Eucarestia è celebrazione di un incontro e di un cambiamento, ecco perché non possiamo fare a meno di vivere la Pasqua domenicale; è lì che il nostro quotidiano viene trasformato nella speranza dell’eterno. Donare: un verbo che impariamo a declinare intorno alla mensa eucaristica. Lo apprendiamo da Gesù che non ha tenuto per sé nulla, né il suo corpo, né la sua vita, né il suo futuro. Li ha donati a noi, perché le nostre vite possano diventare pane che non si esaurisce.
Davide Carbonaro