Dodici, settantadue, e poi una miriade che lascia tracce della sua presenza nella storia. Così ha deciso di presentarsi Dio che entra nella città degli uomini, vestito della nostra carne mortale. La città che accoglie e respinge, ma egli si fa vicino dove abita l’uomo, dove ha una casa, una storia, una famiglia. Agli amici che si è scelto perché stessero con lui e per mandarli ad annunciare il suo Regno, affida la forza della sua parola e dei suoi gesti. L’essere accolto o non accolto, dipenderà da quei volti, quelle parole, quelle mani intrise di umano. Non mi fa problema Gesù, ma il suo fans-club, sentiamo a volte ripetere nella fatica dell’annuncio. Ma voi dite comunque che è vicino il Regno di Dio, che non è folgorante, ma attraente, che non si impone, ma abbraccia come una madre fa con il proprio bambino sul seno. Eccolo il nostro Dio che si avvicina e nutre al petto della sua gloria. L’agnello e il lupo sono destinati a vivere insieme, come il buon grano e la zizzania. Ma la pazienza del Maestro di Nazareth e la sua fiducia, aprono strade; abitano cuori; sconfiggono il maligno. Questa franchezza apprendiamo dalle istruzioni per l’uso e dall’attrezzatura che egli offre a quanti camminano dietro a lui per annunziarlo. Un compagno di viaggio ed un bastone. Il primo per appoggiare le gioie e le fatiche, l’altro per aprire la strada davanti a sé e spianare cammini di speranza. Nell’essenziale bagaglio del discepolo una parola che dice tutto ed e per tutti: Dio è vicino. Egli infatti scorge davanti a se una messe feconda, là dove il maligno vede il vuoto del deserto. Il segreto per abitare le strade e le città degli uomini è dunque la pace, che fa appello ai figli della pace, che li genera continuamente nella storia, rendendoli amici di colui che è la nostra pace. Pace e una parola che dobbiamo pazientemente ricostruire sul fondamento che è Cristo. La pace è discesa dal cielo non come Satana appariscente, vestito di folgore, ma con il sorriso dei piccoli, quasi insignificante, che disarma, ascolta, abbraccia, sceglie gli ultimi per farli sedere tra i primi. La pace vera lascia segni profondi nel cuore e nel corpo del discepolo, un vuoto e una ferita che possono essere colmati dall’ospite divino più intimo di me a me stesso.
Davide Carbonaro