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Domenica, 17 Luglio 2022 05:39

Santa Maria liberaci dalla peste dell'egoismo

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Un’antica orazione che il patrimonio devozionale romano ci trasmette, è quella rivolta a Dio per intercessione di Santa Maria in Portico nei tempi di contagio. Ecco il testo: “Dio onnipotente ed eterno, tu  hai dato a Mosè la legge scritta  con il tuo dito sulle tavole di pietra e hai fatto innalzare il serpente di bronzo nel deserto. Concedici di onorare devotamente la santissima immagine della Genitrice del tuo Figlio plasmata dalle tue mani e in questo luogo  mirabilmente innalzata per mezzo dei tuoi santi angeli, fa che guardando a lei  siamo liberati  dal mortale contagio dell’antico serpente e da ogni altro effetto lesivo alle nostre persone”.

Più volte la plurisecolare devozione alla Madre di Dio apparsa agli albori del VI secolo a Santa Galla e al Papa Giovanni I, fu espressa dalla Città in tempi di particolari epidemie e contagi. L’orazione lo evidenza, mettendo in relazione il male fisico e lesivo della persona umana, in rapporto al contagio “dell’antico serpente” all’origine di tutti i mali. L’orazione veniva recitata dal Papa o da un suo delegato durante il rito popolare dell’ostensione dell’icona. Lo sguardo in alto, e il desiderio di intravvedere la “luce apparsa” nella casa di Santa Galla, è possibile ancora percepirlo nella gloria angelica, che le maestranze berniniane hanno rappresentato sull’altare maggiore di Campitelli. Il cielo squarciato e Maria che scende a proteggere i suoi figli. Cifra del barocco, ma anche profonda rilettura della fede popolare di Roma, che affrontò coraggiosa il terribile contagio del 1656. Così le cronache descritte dallo storico Carlo Antonio Erra (1695-1771), religioso dei Chierici Regolari della Madre di Dio, ancora oggi custodi del santuario mariano.

Il morbo si diffuse a Roma proveniente dal Regno di Napoli, nel maggio del 1656. Per evitare il contagio ricorda l’Erra: “tra le altre provisioni che si presero, una fu togliere dalle Chiese ogni solennità di musica e di apparati” i quali, richiamavano costante concorso di popolo. Lo stesso accadde per la festività liturgica di santa Maria in Portico il 17 di Luglio di quello stesso anno. Tuttavia, la città si riversò nella Chiesa per tutta l’ottava: “ricordevole  delle grazie che in simili occasioni aveva riportato da sua Divina Maestà per mezzo di questa Sagra Imagine”. I Padri, temendo che un tale concorso di popolo potesse accrescere il contagio, avvisarono la “Sagra Congregazione della Sanità” la quale, “comandò che subito fosse serrata la Chiesa e la porta maggiore della Casa di Santa Maria in Portico”. Ma niente poté fermare la devozione del popolo. Incurante dell’avanzare del morbo, giorno e notte “si vedeva assai numeroso inginocchiato nelle case poste di contro la Chiesa e nella pubblica strada, senza riguardo di pioggia, freddo, o altro disagio, procurando di più ognuno di munirsi contro il pestilenziale morbo, con qualche ritratto di Santa Maria in Portico, o con un poco d’Oglio delle sue lampade, le quali benché allora fussero quattro, bisognava riempiere tre o quattro volte il giorno”. Il divieto continuò fino al 18 ottobre del 1656. La città di Roma intimorita dalla “perseveranza del contagioso male”, decise di esprimere un solenne Voto  a Santa Maria in Portico e di custodire l’immagine “in luogo più onorevole e decente”. Il Voto venne eseguito dai “Conservatori di Roma” il 9 Dicembre 1656, giorno allora dedicato all’Immacolata Concezione. Con un memoriale rivolto al Papa Alessandro VII, i Conservatori intesero, per intercessione di Santa Maria in Portico:”ottenere dalla Divina Misericordia la liberazione  dal Contagio che di presente affligge questa Città”.  Il pontefice accolto il Voto dei Conservatori, “lasciò intendere di voler anch’egli concorrere agli onori ed alle glorie della gran Madre di Dio in questa Sagra Imagine”. Anzi egli stesso si recò a venerarla il 21 gennaio del 1657, in quell’occasione fu riaperto il santuario, ma subito richiuso e definitivamente aperto il 19 marzo, quando “ormai non si temeva più male veruno”. 

Lo scampato pericolo, procurò “giubilo e allegrezza” in tutta la Città e cominciarono i pellegrinaggi di ringraziamento: “Essendo stati aperti anco i due Ponti dell’Isola Tiberina, detta di S. Bartolomeo, ove era il Lazzaretto principale”. All’ingresso del primo ponte riferisce Erra, fu posto un “Ritratto della Sagra Imagine” altre poi furono situate sul “Campanile di San Bartolomeo e alle finestre delle Case”. Lo stesso Alessandro VII ordinò che il 3 marzo 1658 si facesse una solenne processione dalla chiesa dell’Aracoeli a Santa Maria in Portico. Anche il Papa vi prese parte: “S’incamminò a piedi con la Corona della Beatissima Vergine  nella mano”, entrato in chiesa intonò il Te Deum e dopo aver benedetto la Città con la sacra immagine, diede ordine ai musici di cantare l’antifona “Sotto la tua protezione ci rifugiamo Santa Madre di Dio”.

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