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Sabato, 14 Settembre 2019 18:47

Parabole misericordiose

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commento 15-09-19Tutto comincia e finisce in una casa. Le parabole della misericordia vertice del Vangelo di Luca, hanno bisogno di una casa, di pane, di festa, di amicizia. La misericordia vuole abitare il cuore dell’uomo. Gesù è in casa dei Farisei e non smette di fare quanto fa per strada, incontra tutti non ci sono disuguaglianze per lui, né primati, né categorie. Tutti sono figli e fratelli. Ma questo Vangelo è difficile da recepire per chi si ritiene capace della santità di Dio. Per chi muove le trame del santo e del puro creando continuamente distinzioni e graduatorie. Un Dio idolo da servire piuttosto che un padre da amare. Ed il primo a convertirsi per amore del suo popolo è proprio il Dio d’Israele, egli che si pente del male. Il male non gli appartiene, ecco perché Luca fa di quelle espressioni perduto e ritrovato, morto e risorto, il ritornello delle tre parabole misericordiose. Gesù svela l’intimità di suo Padre a chi quell’intimità la percepisce stretta e pone in atto con il mormorio, l’eco del cuore indurito. Ecco la fuga dei due figli tutte e due lontani dal padre, tutte e due ripiegati in se stessi. Ambedue sbattono la porta del cuore paterno per andare a cercare da soli libertà e felicità. Ma il cuore ha le sue strade, l’eco di quel: ti aspetterò ovunque tu andrai, fa breccia nel cuore del figlio minore. Per un momento riascolta se stesso e si percepisce nella sua immagine di servo, bisognoso di quanto i servi hanno in abbondanza. E’ l’idolo del bisogno che lo mette in cammino, che muove il suo ritorno. Fu necessario perdersi per ritrovarsi ed è la storia di molti di noi. Sulla soglia di casa cadono gli idoli, gli ideali con i quali ci raffiguriamo la falsa immagine di Dio e di noi stessi. Egli era padre prima e rimane padre adesso. Alla fedeltà ferita risponde con un abbraccio perché l’amore è stato sempre fedele. Alle parole di pentimento risponde con i gesti di una paternità regale che ridona la dignità e la vita. Ma c’è chi non vuole entrare, c’è chi vuole rimanere fedele a se stesso, alle proprie ragioni, alla propria religiosità. In quell’abbraccio c’è posto anche per lui: tutto ciò che è mio è tuo. La felicità al posto della fedeltà, è il passaggio necessario: l’essere perduto e ritrovato, morto e risorto. Pasqua richiesta a quanti lasciano gli idoli della schiavitù, per accogliere l’amore gratuito ed oltre misura della figliolanza.

Davide Carbonaro
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