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Venerdì, 21 Febbraio 2020 15:28

Lo schiaffo e la tunica

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Non opporti al malvagio! Parola difficile, ma evangelica. Il male dentro di noi e intorno a noi spinge, trascina, diventa spesso un potere tra i tanti poteri soffocanti. La Parola di Gesù pronunziata sul monte delle beatitudini  brucia come il sale la nostra ferita di potere e illumina le pieghe della nostra coscienza, facendo risuonare una parola altra, autorevole, generatrice di stupore: “Vi è stato detto, ma io vi dico”. A garantire il compimento del comandamento è l’io divino che viene in modo esplicito pronunziato da Gesù. Una parola che è anche promessa nelle relazioni fraterne. Negli intoppi e nei conflitti che possono sorgere lungo la strada dei discepoli, c’è una parola definitiva a cui appellarsi, pegno di fedeltà e completezza. Così la norma dell’agire cristiano, non si conforma ad una prescrizione rigida o alla giustezza umana, ma alla giustizia e perfezione del Padre la cui parole autorevole Gesù è venuto a rivelare. Pertanto il discepolo che si pone alla sequela del Maestro di Nazareth, nelle relazioni con i fratelli, non solo è fedele alla parola data, che corrisponde alla giustezza umana, ma nei suoi impegni ed adempimenti, lascia trasparire la verità di sé. Egli non inganna, non è ambiguo, non è doppio. Come quella di Gesù la sua parola, è stabile ed affidabile. Gesù  rovescia la prospettiva offerta “dagli antichi” che non fissava soluzioni al male, lasciando che questo dilagasse senza confini. Egli dichiara,  attraverso alcune indicazioni pratiche, il riscatto della misericordia, chiedendo al discepolo di realizzare quanto compiuto da lui attraverso la consegna nelle mani degli uomini e l’ingiusta condanna a morte. In effetti, Gesù  non ha opposto resistenza al male; ha spogliato se stesso; ha camminato in mezzo agli uomini, ha dato tutto di sé. Si tratta di una stupenda sintesi del Vangelo incarnato, nel quale il discepolo è chiamato a riconoscersi. Due “icone” rimandano le parole del discorso della montagna ai racconti della passione: “ lo schiaffo” e “la tunica”.  Gesù non risponde con la violenza a colui che lo colpisce, ma con la fragilità e nello stesso tempo con la forza della parola: “perché mi percuoti? (Gv 18,23) Domanda straordinariamente attuale sulla violenza ingiusta. Mentre l’immagine della tunica, è prolungamento del corpo, il corpo nudo di Gesù sulla croce, spogliato persino di ciò che è più intimo. In quella nudità ha detto e dato tutto di Dio e del suo amore per noi.

Davide Carbonaro

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