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Visualizza articoli per tag: Santa Maria in Portico

Nella ex sacrestia di Santa Maria in Portico in Campitelli, la attuale sala Baldini, giovedì 20 giugno alle ore 19 si è tenuta la presentazione del libro San Giovanni Leonardi "custode e banditore" di Santa Maria in Portico, di Padre Francesco Petrillo, parroco di Santa Maria Assunta in Diecimo (LU), ex Rettore Generale ed esperto di Mariologia, alla presenza del Rev.mo Padre Antonio Piccolo, Rettore Generale dell’Ordine dei Chierici Regolari della Madre di Dio.


L’evento si è aperto con una introduzione musicale a cura dell’Ensamble La Cantoria. Il soprano Eleonora Aleotti e il controtenore Federico Mauro Marcucci, accompagnati al pianoforte dal M° Vincenzo Di Betta, hanno eseguito il brano O dulcissime Iesu di Giacomo Carissimi e un’Ave Regina Caelorum di Padre Francesco Giovannini, compositore della famiglia religiosa leonardiniana e per trenta anni Maestro di Cappella di Santa Maria in Portico in Campitelli. Due brani, questi, molto significativi per il carisma di San Giovanni Leonardi che invitava – come ricordato dal Rettore Generale, Padre Antonio Piccolo – ad avere Cristo come misura di tutto e ad affidarsi alla premurosa intercessione della Regina del cielo ovunque si fossero trovati a esercitare il loro ministero.


Un prezioso volume di 152 pagine frutto di una lunga ricerca di Padre Petrillo che, partendo dalle origini, arriva fino ai nostri giorni evidenziando le peculiarità del culto mariano, attraverso il racconto di frammenti di storia che confermano il secolare legame del Pontefice e del popolo romano con la Vergine del Portico. Tanti momenti e tante esperienze che narrano il cammino di una comunità che vuole crescere conservando la memoria del passato per costruire un futuro di certezze.


Il primo racconto sistematico dell’apparizione è la Narratione della miracolosa immagine di Giovanni Leonardi edita a Roma nel 1605, nella quale vennero raccolte le principali notizie sull’evento, diventando lo strumento per salvaguardare le testimonianze più antiche e fragili. Padre Ludovico Marracci, in una aggiornata edizione del racconto definì il Leonardi come “Custode e banditore delle glorie di Santa Maria in Portico”. Numerose altre pubblicazioni seguirono quella del Santo fondatore, fino a giungere ai giorni nostri, con il testo pubblicato da Padre Francesco Petrillo.
Il Leonardi, afferma l’Autore, può essere considerato il terzo fondatore del santuario di Santa Maria in Portico. Dopo l’erezione del tempio da parte di papa Giovanni I, che ricevette dagli angeli la sacra Immagine, l’ampliamento del 1073 di papa Gregorio VII, è San Giovanni Leonardi che dona una nuova vita, non solo alla chiesa, ma soprattutto al culto alla Madonna del Portico.


Padre Petrillo ha poi sottolineato la millenaria devozione del Vescovo di Roma, all’immagine di Santa Maria in Portico, soprattutto quella di Alessandro VII che dopo il voto della città di Roma del 1656, fa edificare l’attuale santuario di Santa Maria in Portico in Campitelli e che il 29 settembre 1660 concesse alla Madonna il titolo di Romanae Portus Securitatis, Porto della Romana Sicurezza.


Al termine dell’evento è stato chiesto all’Autore come continuare oggi la testimonianza mariana, in una città e in un mondo sconvolti. La risposta ci viene ancora dal Leonardi: c’è bisogno di uscire da noi stessi, mettersi al servizio, attenti alle necessità dell’altro. Aprire le porte del cuore e della mente, come Maria, senza mai rimandare al domani
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Pubblicato in 2024

«Diamo avvio all’anno giubilare per celebrare, il prossimo 17 luglio, il XV centenario dell’apparizione di questa miracolosa immagine che ci presenta il giardino fiorito del cielo che porta il frutto della salvezza, Cristo Signore. Maria si offre al nostro sguardo in un portico aperto. Davanti a tante chiusure, davanti a tante resistenze, si apre uno spazio di relazione e di vita per il mondo. Un portico che diventa il rifugio del peccatore perché non si lasci travolgere dalle acque tumultuose della storia». In una gremita parrocchia di Santa Maria in Portico in Campitelli, ai piedi del Campidoglio, il cardinale vicario Angelo De Donatis ha presieduto ieri sera, 1° febbraio, la Messa che ha dato il via alle celebrazioni per il 1500° anniversario dell’apparizione dell’effige di Maria, Romanae Portus Securitatis, e per il 450° dell’Ordine della Madre di Dio fondato a Lucca da San Giovanni Leonardi il 1° settembre 1574.

Oltre 40 i sacerdoti concelebranti, tra i quali padre Antonio Piccolo, rettore generale dei Chierici Regolari della Madre di Dio, e i parroci di Santa Maria in Portico, padre Davide Carbonaro, e di Santa Galla, don Paolo Aiello. L’icona, incastonata nell’altare della chiesa di piazza Campitelli, è da sempre venerata dai romani, che chiesero l’intercessione della Madonna nel 1656 per la liberazione dalla peste e nel 1703 perché cessasse uno sciame sismico. L’inizio dell’anno giubilare, infatti, è coinciso con il giorno in cui la comunità fa memoria del patrocinio di Santa Maria in Portico su Roma. Anche il cardinale, in una preghiera scritta per l’occasione, e recitata al temine della liturgia, ha invocato la protezione della Vergine sulla città di Roma e sul mondo intero e chiesto l’intercessione della Madre di Gesù «perché sia accresciuta la fede, germogli la speranza e arda nel cuore la carità di Cristo».

La piccola icona, alta 26 centimetri e larga poco più di 20, come ha ricordato il rettore generale dei Chierici Regolari della Madre di Dio, fu affidata a san Giovanni Leonardi nel 1601. «Per la famiglia religiosa – ha detto padre Antonio Piccolo – questo anno speciale è un gesto di rinnovata fiducia della Chiesa di Roma che consegnò questa immagine nelle mani del fondatore perché possiamo rifugiarci in Lei, testimoniarla, custodirla, offrirla alla città di Roma come segno di sicura speranza e consolazione in questi tempi tribolati». Secondo le antiche fonti, il 17 luglio 524 il portico della casa di Santa Galla, che quotidianamente apriva le sue porte ai poveri, fu avvolto da un improvviso bagliore. La matrona romana mandò a chiamare Papa Giovanni I, che al suo arrivo vide la luce e due angeli che gli posero l’icona della Vergine Maria.

Pubblicato in 2024

Il XV centenario di Santa Maria in Portico si apre nei giorni in cui si commemora la liberazione degli ebrei da Auschwiz. Per la parrocchia di Campitelli situta nel quartiere ebraico, s'intreccano storie di memoria e gratitudine.  Pubblichiamo di seguito l'articolo di Fausta Speranza apparso sulla rivista "Maria con te" il 15 ottobre 2023, nell'ottantesimo anniversario del rastrellamento nazifascista avvenuto nel Ghetto ebraico di Roma il 16 ottobre 1943.

Terrore, dolore e un sorriso. A 80 anni dal drammatico 16 ottobre 1943 vengono sempre meno i testimoni diretti del rastrellamento al ghetto ebraico di Roma, ma forse proprio per questo colpisce di più la eco dei sentimenti che giunge fino a noi entrando nella Chiesa più vicina, a parte la piccola Sant'Angelo in Pescheria che nel suo portale ingloba tre colonne del Portico d'Ottavia. Parliamo della Chiesa di Santa Maria in Portico in Campitelli, dove si racconta la paura di essere scoperti e la dolcezza incoraggiante dell’immagine di quell’icona in lamina di rame dorato con fondi a smalto rimasta impressa negli occhi dei rifugiati. Nella tipica iconografia bizantina detta dell'Odigitria, la Vergine è rappresentata come Colei che indica la via.

       Ad attestare l’impegno in soccorso alle famiglie ebraiche c’è la solenne dichiarazione della Comunità ebraica di riconoscimento al padre Giuseppe Forcellati, allora Superiore Generale dell’Ordine dei chierici regolari della Madre di Dio (ODM), l’ordine al quale fu concessa la Chiesa da Papa Clemente VIII nel 1601. Si trovano le registrazioni di 38 persone, tra cui la signora Letizia Pavoncello, strappate alla furia dei nazisti, che in quel sabato nero arrestano 1259 persone, di cui 689 donne, 363 uomini e 207 tra bambini e bambine, principalmente in via del Portico d’Ottavia e nelle strade adiacenti ma anche in altre differenti zone della città.  Dopo il rilascio di alcuni di cosiddetto sangue misto o stranieri, in 1023 vengono deportati al campo di Auschwitz. Sopravvivono in 16, 15 uomini e una donna.

       Oggi nella comunità – ci racconta il parroco don Davide Carbonaro - sopravvive la consapevolezza di quei giorni eccezionali anche per un tempo di guerra. Nell’attestato sottoscritto dagli «ebrei d'Italia riconoscenti» si legge: «In queste sale durante la seconda guerra mondiale furono accolti e nascosti moltissimi uomini ebrei per sfuggire ai rastrellamenti nazisti. La comunità dei religiosi della Madre di Dio di S. Maria in Campitelli affrontò con grande coraggio e con grande pericolo di essere scoperti e deportati». Secondo la documentazione della Comunità ebraica, a Roma la Chiesa cattolica ha salvato 4.447 ebrei dalla persecuzione nazista. Almeno 100 conventi di suore, 45 case di religiosi, 10 parrocchie, hanno aperto le porte.

       L’attuale edificio di Santa Maria in Portico in Campitelli è stato ultimato nel 1667, in sostituzione di due precedenti distinte chiese. Nel primo vano degli spazi adiacenti all’interno, don Davide ci fa notare una porta e ci spiega che lì nel periodo della retata erano di base le forze di sicurezza con compiti di polizia civile e militare. Grazie al sotterraneo lavorio diplomatico di Papa Pio XII, la Santa Sede aveva difeso l’extraterritorialità dei luoghi di culto, ma quella presenza non si poteva evitare e nessuno poteva dare per scontato il rispetto del principio, in particolare da parte delle forze tedesche che, dopo l’armistizio dell’8 settembre, la fuga del re e del neo capo del governo Badoglio, dal 10 settembre 1943 avevano occupato Roma. Per questo, mentre alcune persone erano nascoste in uno spazio angusto - ove tuttora si accede attraverso una botola alla fine di una lunga e stretta scala - ad altre persone rifugiate si consegnavano vestiti da religiosi e si insegnava loro il Padre Nostro e l’Ave Maria: da recitare, in caso di incursioni, di fronte all’icona.

       Fare memoria aiuta a fissare nel cuore  «quei giorni segnati dalla ferocia e dal razzismo ma anche da gesti di profonda umanità che devono richiamare tutti alla capacità di fraternità insita nell’animo umano, ma negata troppo spesso in tanti modi». Per questo «anche oggi serve tanta preghiera».

       L’icona conserva il titolo di Romanae Portus Securitatis, ricevuto da Papa Alessandro VII dopo la scampata peste del 1656. In realtà la storia dell’icona ci riporta al VI secolo e al prodigio raccontato dal chierico Ludovico Marracci nelle sue Memorie di S. Maria in Portico nel XII secolo. Si legge che la nobile Galla, intenta a distribuire pane ai poveri, vede una luce splendida, ne parla a Papa Giovanni I che, accorso, riceve nello stesso luogo l’immagine di Maria da mani angeliche. Da quel momento la città è libera dalla peste che anche allora la affliggeva. Siamo nel 524, precisamente il 17 luglio, che resta nella memoria liturgica la festa di Santa Maria in Portico in Campitelli. E siamo nel cuore della città di Roma, nell’area tra il Campidoglio e l’Isola Tiberina, poi occupata dal portico di Santa Galla. Una zona portuale, sede della Statio Annonae dove si gestivano le scorte di grano. Oggi è Via Petroselli.

       Sono tutti tasselli che aiutano a comprendere il nome della chiesa e che - ribadisce don Davide -  ritornano nella consuetudine mai interrotta, in particolare il 17 luglio, della distribuzione di viveri ai poveri.

       L'immagine, inserita in un'edicola con arco a tutto sesto costituita da pilastri ionici, è alta 26 centimetri e larga quasi 21. Con molta probabilità è una riproduzione di una pittura o mosaico venerata nel portico di Galla, deteriorata con il passare del tempo o distrutta da qualche incendio. E’ evidente, infatti, la tradizione iconografica del VI secolo ma, per la gamma cromatica degli smalti e la naturalezza dell'esecuzione, gli studiosi ritengono che l’attuale immagine sia stata realizzata tra l'XI e il XIII secolo.

       In ogni caso, l’icona resta protagonista della storia di questa chiesa che parla in modo straordinario, nella sua architettura artistica e nelle sue pietre vive, di spirito di accoglienza. E resta al centro delle vicende, tramandate di generazione in generazione tra familiari o amici, degli ebrei salvati dalla follia nazista.

 

Pubblicato in 2024
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