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Domenica, 16 Luglio 2017 15:34

Il culto di Santa Maria in Portico a Roma: Basilica Vaticana

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Basilica VaticanaCon una serie di articoli diamo inizio ad una rassegna che proporrà il culto di Santa Maria in Portico a Roma. Il legame fra le tradizioni risalenti  alla venerazione dell’immagine di S. Maria in Portico e la memoria romana dell’apostolo Pietro, è da riportare  al tempo della patrizia santa Galla che ebbe il dono di perpetuare nella sua casa il ricordo della Madre di Dio. Dopo i fatti dell’apparizione, avvenuta secondo antiche tradizioni il 17 luglio del 524, Galla si ritirò in un “monastero” nei pressi del Vaticano dove sorgeva la Basilica  edificata da Costantino al Principe degli Apostoli. E’ Gregorio Magno a trasmetterci queste notizie. Subito dopo la morte del marito, la giovane patrizia si ritirò presso S. Pietro e lì si mise al servizio del Signore, vivendo in semplicità di cuore, in continua orazione e prodiga verso i poveri[1]. Alla vedova Galla scrisse anche il Vescovo Fulgenzio di Ruspe, esaltando la sua fedeltà a Cristo e la sua scelta radicale[2]. Da questi testimoni sappiamo che la santa, lasciò i suoi beni alla Chiesa. La storia, la ricerca archeologica e la topografia, misero in relazione  il “monastero” di S. Galla con la Chiesa di S. Stefano Maggiore detto appunto Catagalla patrizia. Situato nei pressi del Vaticano sullo stesso territorio dove sorgevano le ville dei Simmachi, Flaviani-Nicomachi e Anicii, la famiglia della patrizia romana[3]. Più tardi in questo luogo verrà a stabilirsi una comunità monastica maschile, incaricata dell’ufficiatura presso la Basilica Vaticana[4]. Il papa Giovanni XIX (1024-1032) concesse la chiesa di S. Stefano Maggiore al primo Re cristiano degli ungheresi, Stefano, il quali fondò l’ospedale per l’assistenza  e il soccorso dei pellegrini. Nacque così la Schola Hungarorum, una sorta di corporazione nazionale. Accanto a questa, il monastero e l’ospedale di Santo Stefano minore, fatto edificare da Papa Stefano II (752-757)  ambedue demoliti nel corso della edificazione della nuova sacrestia della Basilica Vaticana, eretta da Pio VI  nel tardo XVIII secolo[5]. Cosa collega questi luoghi a S. Maria in Portico? Nel 1696 il gesuita P. Filippo Buonanni (1638-1725)[6] nella sua descrizione della Basilica Costantiniana prima  di essere edificata l’attuale sotto i pontificati di Nicolò V e Paolo V, riporta l’ubicazione di diversi luoghi adiacenti alla Basilica: «sono descritti gli antichi oratori, l’antico coro, la sagrestia, la camera dei sacri paramenti pei romani pontefici,la Biblioteca Pontificia, ed altri edifici…»[7]. Nell’opera si fa riferimento ad un altare dedicato a S. Maria in Portico: «Sacellum indicat cum altari quod Zenus Cardinalis Venetus Sanctae Mariae in Porticu aedificavit»[8]. La cappella era situata nell’antico coro di Sisto IV (1471-1484),  vicino al tempietto esterno della Madonna delle febbri, la prima immagine mariana incoronata personalmente dal Conte Sforza di Piacenza nel 1631[9]. Ma chi era il Cardinal Zeno e perché fu edificata proprio lì una memoria a S. Maria in Portico? Battista Zeno, nobile veneziano protonotario apostolico e Vescovo  di Vicenza, era nipote di Paolo II, il Papa  particolarmente devoto all’icona apparsa secoli prima al pontefice san Giovanni I e a santa Galla, tanto che la fece prelevare di notte dal suo sacello nell’antico santuario sulle rive del Tevere (oggi via Petroselli) per trasportarla  nel suo palazzo a Piazza Venezia[10].  Zeno, creato cardinale Diacono di S. Maria in Portico  nel 1468[11] ebbe l’incarico di curare  come  amministratore i beni che Galla Patrizia aveva lasciato ai “poveri della Mardre di Dio”. In un antico contratto di affitto si fa riferimento ad un «Casale di S. Maria in Portico»  “locato” dal Cardinal Zeno ad un certo Ceccolo De Pichis[12].  Zeno, divenuto arciprete della Basilica Vaticana,  fece edificare nel 1468 una cappella  dedicata a S. Maria in Portico, in seguito, questa cappella, durante la ristrutturazione della Basilica Vaticana e della sagrestia,  fu riedificata da Pio VI (1775-1799)  sul medesimo luogo dove oggi ha sede la cappella dei Canonici di S. Pietro. Le testimonianze di queste successive costruzioni si leggono dagli stucchi e dai fregi, che legano insieme i motivi degli stemmi di Sisto IV (1471-1484), ( rami di rovere) e Pio VI (1775-1799), (angelo che soffia sul giglio e stella a otto punte).  Nel 1899 dopo la seconda incoronazione dell’immagine di Santa Maria in Portico, i canonici del Capitolo Vaticano  collocarono una copia dell’effige nella loro Cappella oggi questa immagine è custodita  nel Museo del Tesoro della Basilica Vaticana.


Davide Carbonaro




[1] Cf. GREGORIO MAGNO, Dialoghi, PL, IV, 13
[2] Cf. FULGENZIO DI RUSPE, Ep. 2 a Galla, in FULGENZIO DI RUSPE, Le lettere, Città Nuova Roma 1999, pag.54-82.
[3] L. PASQUALI, Santa Maria in Portico nella Storia di Roma dal secolo VI al XX. Introduzione, Roma 1902, 49.
[4] L. PASQUALI, Santa Maria in Portico nella Storia di Roma dal secolo VI al XX, vol.I, Roma 1904, 86; cf. anche M. ARMELINI, Le Chiese di Roma dal secolo IV al XIX, Roma 21891, ristampa anastatica, Ed. Pasquino, pag. 751.
[5] F. LOMBARDI, Roma le chiese scomparse. La memoria storica della città,  Roma 21998, 377-378.
[6] F. BUONANNI, Numismata summorum pontificum  Templi Vaticani fabricam indicantia (…), Romae 1696, Cap. VII.
[7] La trascrizione del P. Luigi Pasquali in  Biblioteca Mater Dei,  Ms. B 248.
[8] F. BONANNI, op. cit.,  pag. 13.
[9] P. BOMBELLI, Raccolta delle Immagini della BMA Vergine, Tomo I, Roma 1792, pag. 1-2.
[10] C. A. ERRA, Storia dell’imagine e chiesa di S. Maria in Portico di Campitelli, Roma 1750, pag. 85-86.
[11] L. MARRACCI,  Memorie di S. Maria in Portico, Roma 1871.
[12] Cf. Biblioteca Mater Dei, Ms. B 248



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