Mentre una serie di discepoli abbandonano Gesù per la durezza del suo parlare, i Farisei no. Sono attaccati a lui non lo lasciano un istante, controllano il suo agire insieme a quello dei suoi seguaci. Eccolo il segreto del potere: il controllo che misura, paralizza, non rende liberi gli altri. Chi usa il potere come controllo, possiede solo lo spettro del giudizio escludente: “Perché i tuoi discepoli non si comportano secondo la legge degli antichi?”. C’è una vicinanza che è distanza e una distanza che si fa vicina. Israele rispondendo a Dio che parla, ha consapevolezza di una prossimità che viene dall’alto come un “buon regalo” che è dal “Padre della luce”. Marco riportando nel suo Vangelo la disputa di Gesù con i Farisei maestri della giustezza della legge e non della giustizia dell’amore, propone ancora quella “autorevolezza” di Gesù che non si confonde con i maestri del potere. La differenza è data dalla posizione. Mentre Gesù è dentro le piaghe dell’umana debolezza, si china sulle fatiche e sul dolore della “carne”, i Farisei se la raccontano, facendosi garanti del superfluo, del provvisorio, del complicato, Rimanendo lontani da Dio e dall’uomo, sono fedeli alle proprie convinzioni, dimenticando che la norma è data: “Perché viviate”. Possiamo dire che Gesù cogliendo nella legge il sigillo della vita, raggiunge l’uomo nella sua periferia, e lo riporta al suo centro: il cuore. Attraverso questo quotidiano pellegrinaggio posso scoprire, il Padre di Gesù, “più intimo di me a me stesso” e il suo sogno: Che tu viva, che il tuo fratello viva con te. Allora il male, l’impuro, le conseguenze di una ferita, ciò che ci separa da Dio da noi stessi e dagli altri, non è fuori di noi, non è da cercare in oggetti, animali, situazioni esteriori. È dentro il nostro cuore, nel caos dei “propositi di male” che lo abitano e lo rendono “adultero”, cioè andato a male. Produttore di malvagità dentro di sé e fuori di sé. Cosa interessa a Gesù? Che ci occupiamo delle buone pratiche, o che siano estirpate dal cuore “le cose cattive”, la doppiezza che spesso mascheriamo nel culto e nella carità. Lavare mani e posate è questione di galateo, sporcarsele è questione d'amore. E l’amore ha la sua sorgente: il cuore dell’uomo che sposa il sogno di Dio.
(XXII Domenica del Tempo Ordinario - Anno B)