Ho sete! Sono le ultime parole di Gesù sulla croce. Perché la sete dell’umanità è tanta. Come Giosuè e i discepoli alle volte, ci perdiamo in un bicchiere d’acqua senza accorgerci che è lo strumento posto nelle mani di questa nostra umanità distratta e autoreferenziale che fa prigioniero nei propri confini il Regno di Dio. Signore dove abitano i profeti? Solo nel recinto del sacro? Là dove si compiono le opere buone? Dove si giudica secondo le regole? La franchezza della tua Parola ci rammenta che la profezia non ha schemi, confini, non esclude ma include. Forse oggi più che mai la Chiesa del nostro tempo, è chiamata a cercare Eldad e Medad fuori dai suoi recinti, dove la forza della solidarietà ha il sapore dell’autenticità evangelica. Dove la fatica dell’amare e del vivere relazioni autentiche non ha lo stigma della perfezione, ma si nutre di rispetto e donazione reciproca. Là dove uomini e donne sono capaci di generare il miracolo del sorriso in chi è segnato dal dolore e dalla morte. Il nome di Gesù nel quale ogni ginocchio si piega in cielo in terra e sotto terra, non è per pochi, buoni e santi, ma per tutti. E in tutti risuona la sua signoria liberante e amante. Cosa è più importante, affrancare l’uomo dal male, o l’esattezza canonica e liturgica con il quale questo segno della presenza di Cristo nella storia avviene? Allora è per noi e non contro di noi ogni uomo e donna che incarna le esigenze del Regno, che non si ferma alla teoria del bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto, ma lo dona fino all’ultima goccia, come Gesù, fino all’ultima goccia del suo sangue. La ricompensa del bicchiere donato non è la riconoscenza della persona a cui si dona. Di più, è riconoscere nel fratello il volto del Signore, l’unica ricchezza che non può essere confusa con l’oro e l’argento destinati a perire. Quest’unico tesoro la Chiesa accumula. Il grido dei poveri che sale con quello del Giusto condannato ed ucciso, la Chiesa intercetta ed accoglie nel suo grembo materno. Dove sta lo scandalo? Dove l’inciampo del discepolo? Nell’escludere il piccolo, nell’opporre resistenza allo Spirito di Dio e alla sua profezia. Qui Gesù chiede con il linguaggio semitico del paradosso di dare un taglio all’egoismo autoreferenziale. Ed aprire mani, piedi, occhi, insomma la totalità della persona, al sogno di Dio: una umanità senza confini se non quelli del suo amore e della sua tenerezza.